Espiazione: un manifesto dell’incomprensione

Adattamento del best seller omonimo di Ian McEwan, il film di Joe Wright del 2007 riesce in maniera egregia ad offrire una nuova narrazione della storia originale, discostandosene solamente in parte e riuscendo, con il potere delle immagini, a renderla un’esperienza altrettanto forte e di impatto, soprattutto sul piano emotivo.

Il plot di Espiazione si articola lungo diversi archi narrativi: in primo luogo, la tredicenne Briony (Saoirse Ronan), in seguito ad una serie di incomprensioni, accusa ingiustamente Robbie (James McAvoy), figlio di una serva e innamorato di sua sorella maggiore Cecilia (Keira Knightley), di aver abusato sessualmente di sua cugina; nella seconda parte del film, Robbie, per evitare di restare in prigione, partecipa come soldato al secondo conflitto mondiale mentre l’ormai cresciuta Briony (interpretata ora da Romola Garai) si guadagna da vivere come infermiera in un ospedale che accoglie i feriti di guerra.

Indubbiamente perno centrale del film, la figura di Briony è rappresentata in diversi momenti della sua vita e funge da collante tra i diversi archi narrativi presentati. Consapevole di aver cambiato irrimediabilmente la vita della sorella e di Robbie, cerca in ogni modo di espiare la propria colpa riuscendoci solamente durante le battute finali del film, ormai anziana (interpretata dalla grande Vanessa Redgrave). O forse non riuscendoci, lasciando di fatto la valutazione conclusiva allo spettatore.

Durante l’ultimo atto, infatti, quando la sua espiazione vera e propria sembra finalmente compiuta donando così senso all’intera opera, lo spettatore diventa parte decisiva nell’attribuzione di colpa al personaggio, un’operazione che risulta possibile solamente attraverso una rivalutazione di parte del film stesso.

Wright e lo sceneggiatore Christopher Hampton (vincitore del premio Oscar nel 1988 per la sceneggiatura di Le relazioni pericolose) rielaborano così la conclusione del romanzo di McEwan, proponendo una sorta di upgrade – l’intervista, rispetto al post scriptum – che meglio si adatta al contesto cinematografico, lasciando comunque inalterato il senso finale del romanzo.

Sul piano tecnico il film mescola sapientemente nella prima parte la soggettività di Briony insieme all’oggettività dei fatti, fornendo un doppio ritratto delle situazioni presentate che, sul piano narrativo, pur non essendo uno schema convenzionale, garantisce allo spettatore di seguire con linearità gli eventi mostrati. Oltre a ciò, sebbene lo stile di Wright sia piuttosto convenzionale, l’abilità del regista inglese di trasformare ogni inquadratura in un quadro artistico (come si può notare anche in Orgoglio e pregiudizio) è davvero impressionante. Inoltre, il piano sequenza sulla spiaggia di Dunkirk si sposa molto bene con il resto del girato, senza perciò risultare come un virtuosismo tecnico di troppo.

Briony è sicuramente il motore narrativo del film, ma non è per questo meno importante in Espiazione il rapporto amoroso tra Robbie e Cecilia. Un rapporto che di fatto inizia e finisce nello stesso istante, durante la sequenza in biblioteca mal interpretata da Briony. Un rapporto che, una volta che i due vengono separati dalle sue accuse, rimane configurato in una distanza che nemmeno durante il loro ultimo incontro prima della partenza di Robbie in guerra sembra colmarsi. Un rapporto che, tuttavia, continua nella finzione: la finzione del cinema, che permette a Robbie e Cecilia di essere finalmente insieme negli ultimi fotogrammi del film.

Daniele S.

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